Attenzione! Questo che segue è un importantissimo documento di crittografia della lingua toscana per tutti i fuorisede che sono capitati in questa terra straniera dal buffo linguaggio.
Vi illustreremo qualche modo di dire ed espressione toscana che a voi stranieri potrebbe suonare bizzarra o non sempre comprensibile, tanto per fare un esempio: la differenza tra tocco e tòcco (scommetto che questa non la sapete).
Alla fine dell’articolo saprete persino dialogare con Dante (pace all’anima sua) e soprattutto riuscirete a capire di ‘osa accidenti si sta parlando.
Bando agli indugi ecco qui alcune massime e minime toscane:
Sbarimesso o smarimesso, significa già aperto, già iniziato e non più integro. Ad esempio: codesta (quella lì) confezione di Barilla e l’è già bella sbarimessa… quindi essendo già aperta non basterà per tutti.
Gnamo, si va a piglialo in bocca, so cosa state pensando ma in realtà a Firenze si usa per invitare gli altri ad andare a mangiare."Gnamo" lo si può usare anche a se stante per indicare il verbo andare: su ‘gnamo (forza andiamo).
Ma sa dì d’andà?! domanda retorica per incitare il proprio gruppo a muoversi dall’attuale posizione verso un altro posto d’intrattenimento, altrimenti si può usare l’espressione Ma che sa ire? Che conserva lo stesso significato.
‘n ir corpo c’è buio, sta a significare come non bisogna sempre fare gli schizzinosi perché tanto una volta mangiata una cosa non è più importante se fosse igienica o meno, basta che sia buona.
Cicca, cicchino, peo, sono tutti vocaboli tabagisti. Per molti di voi la “cicca” è la gomma da masticare, ovvero la cingomma, ma da queste parti se chiedete una cicca vi daranno quasi sicuramente una sigaretta.
Il peggio la da venì, disse uello che ingoiò una roncola e la ricaò da i manico, abbastanza esplicativa, in ogni caso sta a significare come al peggio non vi sia mai fine
Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio, questo modo di dire affonda le sue radici nella tradizione toscana medievale in quanto i pisani al tempo erano famosi per fare i riscossori di imposte ed usurai, quindi avere un pisano fuori casa significava dover rimettere i propri debiti ai creditori.
Un’ fa i’ gannella, non fare colui che sa tutto, quindi lo spaccone.
Coccolone, gli è preso un coccolone; tecnicamente significa infarto ma lo si può usare anche in contesti gioviali come ad esempio dopo aver fatto prendere uno spavento a qualcuno questo può esclamare: hoioia ! e tu m’ha fatto prende un coccolone!
L’he ganzo, ora, su questo vocabolo ci dobbiamo fermare un attimo, in quanto include una miriade di significati. Primo fra tutti rappresenta un segno di ammirazione, se io do del ganzo a qualcuno, posso farlo con tono di stima oppure con tono saccente e ciò sta a significare che è un citrullo (bischero/schiocco).
Se invece dico ganzo o ganza sto ad indicare l’amante di qualcuno: bada la giusy ‘he sé fatta il ganzo. E infine Ganzo con “g” maiuscola è un aggettivo per indicare qualcuno che è al di sopra delle righe, quindi stravagante e soprattutto interessante.
Senza lilleri un si lallera, in altre parole senza vaini un si va da punte parti ( ops, scusate volevo dire: senza soldi si fa poco).
E tu hai preso una bella mina, sei molto ubriaco e barcolli. Di solito chi lo dice lo è a sua volta, perciò quando dite questa frase dovete cercare di biascicare (storpiare) il più possibile le parole.
C’ho fatto la croce, quando ti sei trovato male da qualche parte e non ci vuoi più tornare a spregio (per ripicca).
C’ho il foo al ‘ulo, ovvero quando ho molta fretta di finire le cose, ma si può usare anche il termine sbrigarsi.
Tu se’ rifinito, sei molto magro… anche troppo.
Cènci, questa parola indica un tipico dolce pasquale toscano fatto da pasta fritta, ma al contempo lo si usa per indicare gli strofinacci di cucina.
Acquaio, lavello, bozzino, il primo è il lavandino di cucina dove vanno i piatti per essere lavati, il secondo si riferisce al lavandino del bagno dove ci si lava e infine il terzo è quello di cemento che di solito si trova in giardino o in campagna per darsi una sciacquata (pulita).
Poggio e bua fa pari, un’eccedenza di quantità e una mancanza più o meno equivalenti si annullano, poiché poggio indica un rilievo collinare e bua vuol dire buca.
Costa ‘na cea / costa un corbello, indica un prezzo eccessivamente alto per il bene emesso.
Tu c’hai una ruzza, oh datti una ‘almata, quando la tua agitazione si riflette su di me, ti pregherei di calmarti che va tutto bene.
Tra ninnere e nannere, ovvero tra le sciocchezze si è perso molto tempo e quindi bisogna muoversi.
E anche questo articolo tra ninnere e nannere è giunto alla fine. Speriamo vi si riveli utile per comprendere meglio questa terra straniera e i suoi abitanti dalle scarpe grosse e il cervello fino.
Ah, quasi mi dimenticavo … la differenza fra tocco e tòcco è detta fatta, in quanto il primo si riferisce al “tocco” (rintocco) dell’orologio del campanile, ad esempio: ci si vede al tocco, significa che ci vediamo alle 13:00 in quanto le campane suonano una volta sola; mentre con “tòcco” con la “o” aperta ci si riferisce ad un pezzo di qualcosa, di solito si dice: un tòcco di pane ovvero un pezzo di pane…
E se’ un ci si vede, bona cicci…

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